Moda
Passerelle Pro Palestina

Il mondo della moda si è mostrato solidale verso il popolo della Palestina, dimostrando la loro contrarietà al genocidio messo in atto dal governo israeliano contro il popolo palestinese. Tale solidarietà si è dimostrata grazie all’organizzazione di flash mob, all’utilizzo di capi palestinesi e alla promozione di brand e designer che arrivano direttamente alla Palestina. Ma in particolar modo abbiamo potuto vedere la solidarietà dimostrata da tutto il mondo della moda nel corso delle sfilate, con delle vere e proprie passerelle Pro Palestina.
Le chiusure in Israele
Chi può deve fare qualcosa, a partire da boicottare quello che si è dimostrato essere un governo con una politica criminale.
Per questa ragione diversi brand di moda hanno sin dall’inizio del conflitto deciso di chiudere i loro store in Israele.
In particolar modo il colosso spagnolo Inditex, che controlla Zara, Pull&Bear, Stradivarius, Massimo Dutti e Bershka, ha chiuso 80 punti vendita presenti in territorio israeliano.
Non solo Inditex, anche H&M e Mango hanno preso decisioni analoghe, chiudendo i loro store presenti sul territorio. Ma c’è chi non lo ha fatto, e secondo molti esponenti del mondo della moda si poteva fare di più, perché mantenere i contatti con uno stato che commette un genocidio è inaccettabile.
Niente prodotti Israeliani nei negozi
L’attenzione del mondo della moda verso il conflitto israelo palestinese non si limita solamente agli store presenti nella zona in questione, ma anche in quelli in tutto il mondo.
Lush, ad esempio, ha rivisitato tutta la propria identità, in modo da esprimere chiaramente la loro posizione in merito. Alcuni negozi in tutto il Regno Unito sono stati temporaneamente chiusi e sulle vetrine sono apparsi messaggi di solidarietà.
L’Italia ha deciso di non esporre alcun prodotto proveniente da Israele, annunciando il ritiro dei prodotti già arrivati sul mercato, compresi quelli destinati ai supermercati.
Non tutti hanno ritirato i prodotti dal mercato, ma campagne social e movimenti hanno rilasciato la lista dei marchi da evitare, per non sostenere l’economia di Israele.
Passerelle Pro Palestina: Bella Hadid
Torniamo al mondo della moda, in particolare parliamo di quella che è la regina delle passerelle: Bella Hadid, modella di origini palestinesi.

Bella Hadid
Ovviamente, lei così influente e legata al suo paese di origine, è stata la prima attivista del settore della moda sin dall’inizio del conflitto, portando a testimonianza le sofferenze del popolo palestinese e in particolare della Striscia di Gaza.
Lo scorso anno è avvenuto un fatto increscioso. Adidas scelse Bella Hadid come testimonial per la campagna pubblicitaria le SL72, un nuovo tipo di sneaker retrò disegnate la prima volta per le Olimpiadi di Monaco di Baviera del 1972. Durante quelle olimpiadi ci fu un attacco terroristico che portò alla morte di undici membri della squadra israeliana.
Il governo israeliano ha accusato Adidas di favorire l’antisemitismo, scegliendo proprio Bella Hadid come testimonial, portando il brand a chiudere la campagna pubblicitaria in anticipo.
Nonostante ciò, Bella Hadid non ha accettato le accuse a lei rivolte e ha continuato a portare la sua testimonianza del mondo a favore del popolo palestinese.
Passerelle Pro Palestina: da Copenaghen a Milano
Le passerelle sono un grande palcoscenico, in grado di arrivare in tutto il mondo. Per questo diverse modelle e case di moda hanno scelto di mostrare in questo modo la loro solidarietà al popolo palestinese.

Jura Indexspring
Durante la Copenaghen Fashion Week SS2026 la modella Jura Indexspring ha sventolato una bandiera palestinese con scritto “Act Now Against Genocide”.
Alla Milano Fashion Week, invece, Marco Rambaldi ha chiuso la sua sfilata sventolando una bandiera palestinese. Insieme a lui, il direttore creativo di Tod’s Matteo Tamburini ha indossato una spilla appuntata al taschino per tutta la durata della sfilata, con la bandiera della Palestina.